Prefazione di “Anima Violata” a cura della Dott.ssa Psicologa e Psicoterapeuta Silvia Garozzo

Anima Violata

Ed eccoci qui, a ormai poche settimane dalla pubblicazione di “Anima Violata“, romanzo incentrato sulla violenza psicologica, fisica e su tutto ciò che concerne il rapporto tossico e malato tra narcisista e vittima codipendente.

Pubblicazione prevista per il 21 Gennaio 2021.

Ma a parlarvene oggi non sarò io, bensì la Dott.ssa Psicologa e Psicoterapeuta Silvia Garozzo, che si è gentilemente prestata alla lettura in anteprima del nuovo Dark Romance firmato Penelope White, esponendo qui, attraverso una completa ed essenziale Prefazione, quelli che sono i punti principali e che descrivono al meglio il Rapporto malato tra vittima e carnefice.

Ringrazio ancora di vero cuore Silvia per la sua professionalità ed estrema disponibilità!

Il tema del rapporto sentimentale patologico tra una personalità narcisistica e una dipendente è un tema molto in voga e che viene ormai trattato da tempo da moltissimi colleghi, psicologi, scrittori, etc…

Peraltro, forse attribuendo questa dinamica patologica anche a relazioni che falliscono, ma che non si connotano in questo modo dal punto di vista psicopatologico.

A livello semantico assomiglia molto a ciò che è successo in passato con il concetto di depressione, che da psicopatologia con connotazioni specifiche, nell’uso comune, è finita per diventare sinonimo di tristezza, con un errore di significato importante poiché la depressione in termini stretti è un’anomalia dello stato dell’umore con caratteristiche e durata specifiche di determinati sintomi, mentre la tristezza è uno stato dell’umore reattivo a eventi interni ed esterni, assolutamente nella norma.

Questo utilizzo improprio del termine depressione, negli anni, ha finito per creare un misunderstanding di fondo in cui si rischia di pensare che provare tristezza sia anormale. Un qualcosa di patologico da curare.

Tornando alle dinamiche relazionali e in particolare alla relazione tra personalità narcisistica e personalità dipendente, dobbiamo anzitutto distinguere quando realmente ci troviamo di fronte a un disturbo di personalità (nei due casi, poiché questi sono due stili di personalità che spesso si legano insieme a doppia mandata proprio per le caratteristiche che li contraddistinguono) o quando invece ci troviamo di fronte a due persone che ugualmente rischiano di ‘incastrarsi’ come pezzi di un puzzle per bisogni e modalità relazionali complementari, che sono solo portatori di tratti delle suddette personalità. Infatti, ciascuno di noi normalmente è caratterizzato da tratti di personalità che se rimangono tratti sono assolutamente nella norma.

Ciò che distingue il disturbo di personalità, che sia narcisistico, dipendete, borderline, evitante o quant’altro è infatti la pervasività di tali tratti specifici nei vari ambiti della vita di una persona.

Corriamo pertanto il rischio di attribuire, magari a causa di una delusione amorosa, della sofferenza e della rabbia per la rottura di un rapporto, un disturbo di personalità a qualcuno che non ne è affetto, ma presenta, come noi del resto, semplicemente dei tratti di quel disturbo che ha messo in gioco nella relazione con noi.

Come corollario a questa specificazione ve n’è un’altra da fare, ugualmente importante. Nei due casi, sia quando ci troviamo di fronte a una relazione sentimentale in cui realmente i due attori sono portatori di un vero e proprio disturbo di personalità, sia nel caso in cui ci troviamo di fronte a un incastro sentimentale in cui si mettono in gioco solo dei giochi relazionali patologici, sono entrambi i partner responsabili di tale relazione e della sofferenza che da questa può derivare. Entrambi hanno la responsabilità e il potere di allontanarsi da una relazione dannosa.

Questo è un altro concetto che va sottolineato: perché se è vero che, nella specifica dinamica che questo libro tratta, uno dei due (il narcisista) svolge prevalentemente il ruolo di persecutore e l’altro (il dipendente) quello di vittima, è importante dire che il persecutore non può esserlo senza una vittima e che la vittima può decidere di smettere di essere vittima.

Questo tema così complesso, di cui in una prefazione si possono solo accennare dei concetti, viene trattato da Penelope White nel modo e nello stile che ormai ben conosciamo, ovvero di un romanzo leggero, scorrevole, delicato, con qualche scena erotica sempre descritta con garbo e senza volgarità, cosa assolutamente difficile da rendere in forma scritta. La stessa autrice dichiara di voler qui narrare una storia.

Una storia che purtroppo è molto simile a molte storie vere e che possiamo trovare anche nei casi di cronaca.

Il tema relazionale l’autrice ce lo mostra nei dettagli comunicativi tra i due protagonisti: uno sguardo, un mezzo sorriso, un ghigno, un tono di voce e così via; tutto ci mostra la dinamica di un rapporto che pian piano le due personalità, una dominante, l’altra fragile, spesso un po’ per giovane età, un po’ per eventi della vita e un po’ anche per conformazione, costruiscono e che inizia da piccoli dettagli ma che, lentamente, si stringe, facendosi sempre più forte e più difficile da inquadrare per chi la vive dall’interno.

Quindi l’autrice altro non fa che raccontare come si crea e si porta avanti un incastro patologico di questo genere. Senza giudizi, senza semplicistiche soluzioni, senza propaganda.

Chissà che però qualcuno non vi si possa ritrovare al proprio interno…

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