Ti convinci che sia un colloquio di lavoro come un altro.
Ma stiamo parlando di una grande società, forse una delle più importanti e l’ansia ti colpisce, ti attanaglia lo stomaco, l’adrenalina circola nelle vene come un treno in corsa e la paura che tu possa sbagliare ti fa battere il cuore in maniera così forte che il fracasso rischia di coprire Il ticchettio delle décolleté che riecheggia nel grande corridoio, mentre raggiungi la tua destinazione.
Ma di quel lavoro ne hai bisogno, sai di avere le competenze adatte per svolgerlo e così indossi una maschera che ostenta sicurezza e sei pronta a lottare per dimostrare che tu, quel posto, lo meriti.
Ma se di fronte ti ritrovassi non un capo qualunque, ma lui, il Signor Duke in carne e ossa, uno tra gli uomini più affascinanti e intriganti che tu abbia mai visto?
Se dopo avere risposto a ogni singola domanda con determinazione, incrociando il suo sguardo, ti ritrovassi ad arrossire, a desiderare di poter azzerare le distanze e lasciarsi andare a un desiderio viscerale di essere sua?
E se lui fosse attratto in egual misura, ma la sua etica glielo vietasse?
Un sogno erotico che potrebbe non restare solo una proiezione della mente, ma che sarebbe possibile realizzare, se solo l’istinto prevaricasse sulla ragione.
Un istinto primordiale, un desiderio profondo che vedrà i protagonisti di questo racconto – “The Intern” che troverete nel libro “Latens Somnia” di Penelope White – lasciarsi andare, cedere alla passione travolgente, un’unica volta, ma che segnerà per sempre la loro vita.
Non vi resta che leggerlo…
“The Intern”, il racconto erotico di una giovane donna che si ritrova ad affrontare qualcosa di totalmente inaspettato… qualcosa di proibito… ma decisamente eccitante e appagante.
Vi lascio un breve estratto:
“Sei stata fortunata!”
“Signor Duke, cosa ci fa qui?”, domando sorpresa mentre mi giro di scatto e mi poggio, con la schiena e le mani, al bordo del lavandino di ceramica bianca.
“Potrei farti la stessa domanda, ma temo di sapere già la risposta.” Stacca la schiena dalla porta sulla quale era poggiato sino a qualche istante prima e procede, a passo lento, verso di me. “Poteva sentirti chiunque, i tuoi ansiti erano ben udibili persino dalla porta del bagno degli uomini qui accanto.” Ancora un paio di passi. “Ci avevo messo davvero una pietra sopra, con te, Francesca, ma ora non posso più.” Sussurra, ora a un passo da me. “Girati!”
Sussulto alla sua richiesta e mi sento di nuovo bagnata. Una semplice parola, sei stupide lettere che mi fanno sciogliere come gelato al sole.
“P-perché?”
“Offendi nuovamente la tua intelligenza se me lo chiedi, Francesca.”
Sorride sornione e mi afferra per i fianchi.
“Signor Duke, se entrasse qualcuno?”
“Ci ho pensato io: il piano è vuoto adesso e nessuno ci metterà piede per un po’.” Sorride di nuovo e, con uno scatto improvviso, mi stringe i fianchi e mi volta di spalle, contro lo specchio. “Chinati in avanti e solleva la gonna! E chiamami Anton.”
Eseguo e lo sento chinarsi dietro di me. Ansimo e chiudo gli occhi quando sento le sue grandi mani addosso, mentre mi sfila le mutandine di pizzo e prende a leccarmi le natiche.Poi le allarga e percepisco il calore del suo respiro tra di esse.
“Ora inizia a toccarti, Francesca, proprio come immagino stessi facendo prima, tutta sola in quel bagno di là.”
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